Racconti

 

 

 

 

 

 

 

Il papero Berto.

 


 


 

Patrizia era una donna anziana che viveva

in una casa di campagna. Il suo paese era

a mezza costa sulla montagna in una posizione

soleggiata e con una vista incantevole.

Era una donna che aveva problemi di salute

e per tale motivo era accudita dalla signora

Elvira. La donna stava con lei da tanti anni e

per Patrizia era come una di famiglia. Patrizia

non aveva più nessun parente e la sua donna

di servizio rappresentava la sua famiglia.

Senza di lei si sarebbe sentita ancora più

sola e sperduta. Lei soffriva di solitudine e

si sentiva tagliata fuori dal resto dal mondo,

ma era molto legata a quei luoghi e non li

avrebbe mai abbandonati. Vicino a casa sua

abitavano persone che lei conosceva da una

vita. Patrizia di tanto in tanto, accompagnata

dalla fedele Elvira, andava a far visita ai vicini

e loro ricambiavano quella visita tutte le volte

che potevano, però Patrizia in quella casa si

sentiva comunque sola. Gli sarebbe piaciuto

avere un compagno, ma il destino aveva

voluto diversamente per lei e così le sue

serate erano solitarie. Non lontano dalla

sua abitazione c'era un piccolo laghetto.

Patrizia lo vedeva bene dal suo terrazzo

e quando guardava in quella direzione

sognava di veder arrivare qualcuno a

farle compagnia. Una sera all'imbrunire

sentì lo starnazzare di un papero

<< Qua, qua! Qua, qua! >>

Il papero aveva un modo di starnazzare

davvero insolito. Starnazzava in modo

concitato quasi a voler attirare l'attenzione

di qualcuno. Patrizia chiese alla sua dama

di compagnia di accompagnarla subito al

laghetto. Non se la sentiva di andarci da

sola perché aveva paura di cadere.

Arrivata vicino al laghetto trovò il papero

che sbatteva le sue alette. Lo guardò

con stupore perché il suo aspetto

fisico era davvero disastroso. Le sue belle

piumette gialle erano spettinate e

qualcuna sembrava lì, per cadergli.

Era anche denutrito e si vedeva molto sporgere l'osso del

petto. La vecchia signora si chinò e lo raccolse

con delicatezza. Berto non ebbe nemmeno la

forza di scappare. Si lasciò raccogliere da quelle

mani rugose ma molto gentili. Il piccolino nelle

mani della donna tremava di paura. Patrizia

lo accarezzò con molta delicatezza. La sua

carezza era leggera che sembrava un soffio di vento.

Mentre lo accarezzava lo guardava con attenzione e

poi disse

<< Povero papero! Come sei ridotto! Da quanti

giorni non mangi? Mi chiedo da dove provieni e

come hai fatto ad arrivare fin qui! Per fortuna

non hai incontrato gatto Felix! Se ti vedeva

ti mangiava in un sol boccone! Povero

piccolino! Ora sei al sicuro! Non aver

paura di me! A casa mia starai bene!

E sono certa che ci faremmo pure buona

compagnia! >>

Accompagnata dalla dama di compagnia

Patrizia si diresse a casa tenendo

dolcemente fra le mani il papero. Berto,

nel frattempo si era tranquillizzato e

sentendo il calore della mano dell'anziana,

si stava quasi addormentando. Entrata in

casa la donna si sedette nel morbido divano

ed ordinò ad Elvira di portarle una scatola di

cartone e pezzo di stoffa di lana. Quando

Elvira tornò con la scatola e il pezzo di lana,

Patrizia con una mano libera sistemò all'interno

della scatola la pezza di lana e poi depose

dolcemente il papero. Berto dormì per un po'

vegliato dall'anziana e quando si svegliò si

guardò attorno spaurito. Non vedendo nulla

si agitò ed iniziò a saltellare cercando di uscire

dalla scatola, ma per la debolezza non ci riusciva

e in modo goffo cadeva a pancia in su. Patrizia

lo prese fra le mani e Berto riconoscendole si

tranquillizzò subito.

<< Immagino che ora avrai fame! Vieni, ti porto in

cucina. >> 

Lo mise sul tavolo della cucina e Berto non si

mosse per paura di cadere. La donna, intanto,

prese un piatto fondo e ci mise dentro un po'

di farina gialla, pezzettini di pane e qualche

foglia di lattuga. Bagnò il tutto con un po'

d'acqua e lo portò al papero. Berto aveva

una fame da lupi e si mise subito a mangiare.

L'anziana lo osservò pensando fra

<< Mangia pure piccolino! Credo davvero

che noi ci faremmo buona compagnia! >>

 

Berto divorò tutto con grande voracità e vista

la fame che aveva Patrizia chiese al suo piccolo ospite

<< Ne vuoi ancora? >>

<< No glazie! Ho mangiato tanto che ora

mi sento davvelo lo stomaco gonfio! >>

 

<<Ma... ma tu... tu parli? >> Chiese incredula

Patrizia nell'udire il papero parlare.

 

<< Sì! Io palo! Ma non bene, comunque so palale! >>

Berto sapeva davvero parlare però non

riusciva a pronunciare la lettera R. tutte le

parole che contenevano quella lettera lui

faticava a dirle ed era così buffo sentire la sua

pronuncia. Sapeva quasi di orientale e poi ogni tanto

gli scappava pure un mezzo '' qua, qua ''.

A quanto pareva Patrizia ora aveva un amico

in più con cui dialogare. Gli sembrava di sognare!

Chiamò la dama di compagnia.

<< Elvira! Puoi venire un momento? >>

<< Vengo subito! >>

Elvira si presentò in cucina un po' trafelata

e quasi con il fiatone perché aveva camminato

in modo veloce per non

far attendere troppo Patrizia. Quando si presentò a lei disse

<< Ha bisogno di qualcosa, signora? >>

<< Sai... mi dispiace averti distolto dalle tue faccende,

ma volevo che tu ascoltassi il papero. Devi sapere che

ho scoperto che sa parlare! >>

<< Ma... ha voglia di scherzare, forse! >>

<< Mai stata così seria Elvira! Questo papero

sa parlare e anche bene! Ora te lo dimostro.

Piccolino... posso farti una domanda? Come ti chiami? >>

<< Mi chiamo Belto! >>

<< Eh? Non posso credere! Sbaglio o ha davvero

parlato? >>

Elvira era incredula quanto lo era Patrizia

e Berto si sentiva un po' imbarazzato e

anche un po' deluso dal comportamento di

Patrizia. Gli pareva che lei lo stesse prendendo in giro.

<< Sono deluso dal tuo compoltamento Patlizia! >>

<< Perché? >>

<< Mi sembla che tu mi stia plendendo in gilo! >>

<< Scusami! Non volevo darti questa impressione!

Sai Berto, per noi è insolito sentire un papero

che parla e mi dispiace davvero se ti sei sentito

deriso, ma devi capire anche il nostro

stupore! Sentire la tua vocina ci ha colto

di sorpresa. Per noi umani è una reazione

normale! Comunque scusaci tanto! >>

Berto annuì con la testina e poi per confermare disse

<< Va bene! Accetto le vostle scuse! Facciamo finta che

nulla sia accaduto e licominciamo tutto da capo! >>

<< Hai ragione Berto! Ricominciamo tutto da capo! >>

Fu così l'inizio di una bella amicizia fra Berto e

Patrizia. Il papero nei giorni seguenti riprese

peso e il suo aspetto fisico migliorò di molto.

Mangiava con voracità le pappe che Patrizia

preparava per lui. Nei pomeriggi, come i

bambini, andava a dormire nella scatola che

Patrizia aveva preparato. Quando era sveglio

si aggirava per casa curioso. Seguiva la sua

amica come un cagnolino e combinava pure

qualche marachella. Un giorno, ad esempio,

Patrizia aveva aperto un cassetto del comò.

Stava cercando qualcosa di elegante da

indossare perché quel giorno veniva a farle

visita una vicina. Il tempo di cambiarsi quando

suonarono alla porta. Lasciò aperto il cassetto

del comò e andò a ricevere la sua ospite. Il

cassetto del comò rimase incustodito e aperto.

Berto approfittò di questa dimenticanza di

Patrizia e saltò dentro il cassetto. sentiva un

buon profumo e gli piaceva star lì. Con il suo

becco controllava tutte le maglie della sua amica

alzandole una per una; alcune le alzava anche

troppo che uscivano dal cassetto e finivano per

terra. E visto il disordine che aveva combinato

si pentì e saltò fuori dal cassetto. Cercò di

rimediare al suo guaio ma con il suo becco

non riusciva a riporre nel cassetto le maglie

che erano fuori.

<< E adesso come faccio! Che bel guaio ho combinato!

Patlizia mi sglidelà di siculo! >>

La visita dell'amica di Patrizia terminò e Berto sentì

i salutidi commiato. Preoccupato per ciò che

aveva combinato, il papero corse a nascondersi

sotto il letto e nella corsa perse una piuma.

Patrizia tornò in camera a togliersi la maglia

elegante che aveva indossato e a rimettere l'abbigliamento

consueto che era solita portare in casa. Trovò

il cassetto tutto in disordine e con le maglie per

terra. per prese

un po' paura, ma poi vista la piuma persa

dal papero la donna capì tutto e con far gentile disse

<< Vieni fuori bricconcello! Tanto lo so che sei

stato tu a combinare questo disordine! >>

Berto uscì da sotto il letto con la testolina china.

Sapeva di averla combinata bella e se ne era pentito.

<< Ti chiedo scusa! Non volevo fal tutto questo

caos! Volevo solo culiosale ma poi... Scusami

tanto! Non lo faccio più! >>

<< Tranquillo Berto! Però devi far attenzione

la prossima volta anche perché rimettere

tutto in ordine non è facile! Vedi... ora devo

ripiegare tutto e lo devo fare con cura

altrimenti quando indosso qualcosa lo trovo

stropicciato. >>

Patrizia ripiegò con cura le sue cose e

Berto rimase ad osservarla. Era ancora

pentito per quanto aveva combinato e se ne

stava mogio, mogio a debita distanza perché

probabilmente temeva una punizione. Patrizia

naturalmente non lo punì e anzi si sedette

nel divano in cucina e guardò la televisione

con Berto. Col papero seduto al suo fianco

faceva lunghe conversazioni. Il papero era

assai curioso e chiedeva molte cose alla sua amica. Berto 

era davvero un papero speciale!Un girono ne combinò

un'altra delle sue. Elvira aveva appena aiutato

Patrizia a mettersi in ordine e dimenticò sul

comò la scatola del borotalco aperta. Il papero

stava passeggiando sopra il comò e sentiva

il profumo del borotalco. Le due donne erano

ora vicino all'armadio a scegliere un coprispalle.

Berto si avvicinò al borotalco con il suo

becco per sentir meglio il profumo ma la

polvere gli irritò le narici e così gli scappò un sonoro

<< Eccì! Eccì! >>

Elvira e Patrizia si girano e dissero in coro

<< Salute! >>

e poi scoppiarono a ridere quando

videro Berto tutto impolverato di borotalco.

<< È proprio come un bambino! >>

esclamò Patrizia ed Elvira annuì! Sopra

il comò c'era un dito di borotalco. Berto

si scrollò di dosso la polvere fra mille

starnuti e la scena fu davvero comica.

<< Eccì! Eccì! >>

<< Povero Berto! Il borotalco ti fa

starnutire! Speriamo che ti passi presto! >>

<< Lo spelo anch'io! Eccì! Come vedi non

liesco a palare pelché, eccì, stalnutto da

matti! Cledo che non mettelò più il becco

in quel balattolo! Eccì, eccì! Non ne posso

più! Eccì, eccì! >>

Da quel giorno Berto non si avvicinò più

alla scatola del borotalco. La sua curiosità

gli era costata parecchio perché

per tutto il giorno continuò a starnutire.

Da quando Berto era in quella casa

c'era davvero un'atmosfera più rilassante

e spesso scoppiavano delle risate. Il papero

era cresciuto e con lui era cresciuta l'amicizia

con Patrizia. Ora la seguiva anche quando

andava a far visita ai vicini. Berto era

diventato un po' la mascotte di tutti. Era

bravo anche come guardiano. Quando

vedeva avvicinarsi uno sconosciuto starnazzava

come non mai. Quando vedeva arrivare i

venditori ambulanti carichi di borsoni starnazzava

in modo concitato e continuativo. Patrizia e i

vicini si tappavano in casa e non aprivano a

nessuno. Ormai conoscevano tutti Berto e quando

faceva così sapevano il perché. Un giorno Patrizia

era in giardino e stava prendendo un po' d'aria.

Non stava tanto bene e il sole e l'aria le giovavano

molto alla sua salute. Berto era vicino a lei e la

teneva d'occhio. All'improvviso comparve un

viaggiatore ambulante all'ingresso del giardino.

non c'erano cancelli e lui avanzò. Il papero

appena lo vide avvicinarsi iniziò a starnazzare e poi

gli andò incontro continuando a starnazzare.

Quando si avvicinò alle gambe dell'uomo con il

becco lo pizzicò. L'uomo spazientito alzò il piede

cercando di scrollarsi di dosso il papero, ma

Berto non mollava. Patrizia osservava la scena

divertita trattenendo a stento una risata e quando

vide che l'uomo si stava infastidendo sempre

di più preoccupata per il suo amico pennuto chiamò a voce alta

<< Berto, Berto! Ora basta importunare il signore! Vieni qua! >>

<< Mi tolga questo papero di dosso o io gli tiro il collo! >>

<< Mi scusi, ma il mio papero voleva solo proteggermi!

Berto! Vieni dai! >>

A quel punto Berto mollò la gamba dell'uomo

e andò da Patrizia e le rimase accanto riprendendo

a starnazzare. Patrizia lo dovette richiamare

<< Berto! Ora basta per favore! >>

Finalmente Berto si calmò e l'uomo cercò di

vendere la merce che aveva con se ma senza

successo e così si allontanò. Berto lo

accompagnò all'uscita del giardino starnazzando

ancora e Patrizia finalmente scoppiò a

ridere. Quando Berto tornò vicino a lei, lei disse

<< Grazie Berto! Sei bravo anche come guardiano!

Credo che quel venditore ambulante non si

ripresenterà più in casa nostra! >>

<< Non mi piacciono i venditoli ambulanti! >>

<< Ho visto! >> e scoppiò a ridere << Ah, ah, ah, ah! >>

Patrizia scoppiò in una sonora risata! Sembrava rinata

grazie all'aiuto del papero e se ne accorse anche Elvira

che la vide entrare ridendo di gusto e chiese

<< Che succede? Come mai ride di gusto? >>

<< Ah, Elvira! Peccato che non hai visto la

scena! Dovevi vedere Berto in azione! >>

<< Quale scena signora? >>

<< Ora ti racconto: mentre ero in giardino

è arrivato un venditore ambulante all'ingresso

del giardino. Berto lo ha visto ed ha iniziato

a starnazzare come un matto. Gli è andato

incontro e poi visto che lui non si allontanava con il

becco si è attaccato alla sua gamba e non lo mollava.

Dovevi vedere il venditore come scuoteva la gamba

e Berto era sempre attaccato. Mi veniva da ridere,

ma ho dovuto richiamare Berto prima che l'uomo

gli facesse del male! Il nostro papero è meglio

di cane da guardia! Ah, ah, ah,! >>

Anche Elvira ora rise ed a modo suo rise

anche Berto. E sì... la presenza di Berto

aiutava molto Patrizia e la sua salute

cagionevole sembrava trarne giovamento.

Quei due poi... erano davvero inseparabili!

Quando la sera stavano davanti alla televisione

era uno spasso vederli e sentirli! Ogni tanto

rammentavano cose del passato. Una sera

Berto uscì fuori con un suo ricordo e disse

<< Patlizia, ti licoldi quella volta che sono

caduto a luzzoloni sulla neve? >>

<< O sì! Mi ricordo bene! Eri scivolato dagli

scalini e poi hai provato più volte a rialzarti ma

senza successo! >>

<< E sì! Scivolavo ogni volta che plovavo

ad alzalmi da tela! Non liuscivo davvelo a

liplendele il mio equiliblio! Se non intelvenivi

tu... chissà quante volte cadevo ancola!

E poi che dolole il giolno dopo! Elo tutto

ammaccato! Semblavo un vecchio ogni

volta che mi muovevo dicevo semple che male! >>

<< Mi ricordo bene! E ti è durato per diversi giorni! >>

Ci fu una pausa e poi Patrizia aggiunse

<< Sai... mi sembra impossibile che un

papero abbia la capacità di ricordarsi qualcosa! >>

<< Sì... non ti do tolto! I papeli comuni non licoldano nulla

io sono divelso dagli altli e folse pel questo da

piccolo sono stato abbandonato dai miei flatelli

e da mamma! >>

<< Tu sei un papero speciale! Io sono contenta

di averti trovato. Da quando sei qui hai riempito

la mia vita! Posso farti una domanda? >>

<< Dimmi pule Patlizia! >>

<< Hai nostalgia della tua famiglia! >>

Berto rispose subito e senza esitazione

<< No! Non ho nessuna nostalgia della mia

famiglia! Sin dal momento che sono nato mi

hanno tenuto in dispalte e un bel giolno mi

sono litlovato da solo, ma poi... beh! Lo sai

bene... ho incontlato te e la mia vita è

cambiata! Ho una famiglia: tu ed Elvila

siete la mia famiglia! >>

Fu un momento molto commovente per

Patrizia e anche per Elvira che anche se non

era presente aveva udito le parole di Berto

e le lacrime le rigavano il viso. Quel papero

era davvero speciale e lei si era ne affezionata.

Rimasero ancora un po' a guardare la

televisione. Berto saltò sul braccio di Patrizia

e strofinava la sua testolina sotto il mento

della sua amica come se volesse farle le

coccole e poi con il becco le pizzicava le guance.

<< Sei davvero un papero speciale! Sono così felice

di averti incontrato! >>

<< Anch'io! Sono stato foltunato ad avel

tlovato una pelsona speciale come te! Mi licoldo

che mi dicesti: meno male che non ti ha visto Felix! >>

<< Sì... è vero! Me lo ricordo che ti dissi proprio così! >>

<< Ti licoldi quella volta che l'ho incontlato davvelo? >>

<< Oh! Sì! Mamma mia! Era pronto a mangiarti in un

sol boccone! >>

 

<< Già! >>

 

Berto fece una breve pausa e poi aggiunse

<< Quella volta me la sono vista ploplio blutta! Mi elo allontanato da te ed elo vicino al cespuglio di lose. Non avevo visto che dolmiva il gatto. Io non pensavo che lui mi sentisse ma invace... >>

 

<< I gatti hanno orecchie buone! Meglio delle nostre! >>

 

<< Me ne sono leso conto subito specie quando ha spalancato i suoi occhi su di me! Mi ha fissato con uno sgualdo che non dimentichelò mai! >>

 

<< Ho visto la scena! Sei rimasto come impietrito! >>

 

<< E' sì... plopio così! Non sapevo se muovelmi o limanele felmo; poi lui si è alzato con glande eleganza devo dire e mi ha annusato. Io tlemavo di paula e poi ho deciso di scappale e lui colleva più folte di me. Peldevo anche le mie piume mentle collevo, ma poi, pel foltuna ho visto te e tu mi hai laccolto con le mani! Mi hai salvato da quel gatto! Ti voglio bene! >>

 

<< Anch'io ti voglio tanto bene! >>

 

Ci furono di nuovo coccole e carezze fra Berto e Patrizia ed

 

era un qualcosa di davvero tenero la loro amicizia! Ad un certo punto Patrizia disse

 

<< Andiamo a letto? >>

 

Berto annuì e passando davanti a lei si diresse in camera sua. aveva la sua cesta per dormire. La scatola che usava da piccolo era troppo piccola per lui! Prima di entrare nella sua cesta saltava sempre sopra il letto della sua amica e vi rimaneva fino a quando lei si addormentava.

Patrizia aveva grande fede ed ogni sera recitava le preghiere. Berto ascoltandola le aveva imparate a memoria e le recitava con lei. Con le sue ali giunte pregava ed ogni volta terminava le sue preghiere dicendo

 

<< Signole, ploteggi semple Patlizia ed Elvila. >>

 

Una sera chiese a Patrizia

 

<< Ma noi papeli andiamo in paladiso? >>

 

<< Io sono convinta di sì! Secondo me c'è un Paradiso anche per voi animali dove gli uomini non vi possono più far del male! >>

 

<< Spelo di vedelo quel luogo! Ma folse quel Paladiso io l'ho tlovato qui con te! >>

 

<< Oh, Berto! Vuoi farmi piangere! >>

 

Patrizia piangeva davvero commossa per la frase detta da Berto. Il papero se ne accorse e dispiaciuto disse

 

<< Scusami Patlizia! Non volevo falti piangele! Scusami tanto! >>

 

<< Tranquillo Berto! Il fatto è che le tue parole mi hanno molto commossa! Hai detto parole bellissime che non avrei mai pensato di sentire da un papero! Ma ora è meglio che

 

vai a nanna Berto! >>

 

<< Hai lagione Patlizia! Buonanotte! >>

 

<< Buonanotte anche a te, Berto! >>

 

E così il papero andò nella sua cesta e dormì tutta la notte.

 

Patrizia lo vegliò un po' e poi si addormentò pure lei. La notte passò tranquilla. Il primo raggio di sole penetrò dai balconi e svegliò Berto che dormiva sotto la finestra. Stiracchiò le sue ali e le sbatté bene. Si lisciò con il becco le piume delle ali e saltò fuori dalla cesta. Fece il giro del letto di Patrizia e poi vi salì senza far rumore e controllò se la sua amica stava dormendo. Ogni mattina faceva questo controllo e se si accorgeva che qualcosa non andava chiamava Elvira. Quella mattina era tutto tranquillo e rimase in attesa che Patrizia si svegliasse. Dopo una paziente attesa la vide muoversi e fra se esclamò

 

<< Finalmente si sta svegliando! >>

 

Patrizia si girò verso Berto e disse

 

<< Buongiorno Berto! Già sveglio! Potevi anche svegliarmi! È già tardi! >>

 

<< No! Ela tloppo bello vedelti dolmile! >>

 

<< Come sempre sei così tenero! >>

 

<< Vado a chiamale Elvila così ti aiuta! >>

 

<< Grazie Berto! >>

 

Mentre Berto lasciò la stanza Patrizia pensò fra se

 

<< Quant'è caro il mio Berto! Ed è molto servizievole!

 

Meglio degli uomini! Piccolino mio sei un tesoro! Cosa farei senza te! >>

 

Sospirò a questo suo pensiero e due lacrime le rigavano le guance. Cercò di mettersi seduta nel letto ma a causa dello sforzo fatto le venne un capogiro e si sentì bloccare il respiro. Era tutta sudata e pallida quando Elvira arrivò. Berto se ne accorse subito perché era entrato per primo nella stanza e gridò agitato

 

<< Elvila! Elvila! Patlizia sta male! >>

 

Si agitava sempre così ogni qual volta Patrizia stava male. Elvira chiamò il medico. Berto quel giorno era più agitato del solito e non si capiva perché. Elvira invano aveva cercato di tranquillizzarlo ma senza successo. Andava avanti e indietro dalla porta d'ingresso alla camera dell'amica e finalmente in fondo al viale vide comparire l'auto del medico. Berto andò correndo incontro al dottore e quando lo raggiunse disse

 

<< Dottole! Dottole! Patlizia sta male! >>

 

<< Tranquillo Berto! Ora sono qui e vediamo cosa è successo! >>

 

Il medico entrò nella camera di Patrizia e fece uscire Elvira.

Fece una visita accurata alla sua paziente ed mentre la visitava conversava con lei. Si conoscevano da una vita ed avevano un tono confidenziale.

 

<< Sai Patrizia... oggi Berto mi è venuto incontro e mi ha preceduto accompagnandomi qui da te. Ti vuole davvero bene quel papero! >>

 

<< Sì! Lo so! Mi vuole tanto bene ed io a lui! Non pensavo

 

che la sua compagnia potesse riempirmi così tanto la vita! Ho passato dei bei momenti con lui! >>

 

<< Immagino! Basta vedervi insieme per capire! Ora riposati! Ho prescritto una nuova cura da fare. Darò istruzioni a Elvira! >>

 

<< Ancora medicine! >>

 

<< Purtroppo sì! E le devi prendere senza far capricci! Dirò anche a Berto di tenerti d'occhio! Ora non ti agitare e riposati! Hai bisogno di tranquillità! Stammi bene! Ci vedremmo fra un paio di giorni! >>

 

<< Va bene! Grazie di tutto ed a presto! >>

 

<< Ciao! A presto! Mi raccomando! >>

 

Il dottore uscì dalla stanza e parlò con Elvira dandole istruzioni per la nuova cura. Berto in quel momento non era lì. Si era ritirato in un angolino e con le ali giunte pregava. Il dottore chiese

 

<< Dov'è Berto! >>

 

 

<< Era qui fino a poco fa! >>

 

<< Volevo parlargli! Cercalo per favore! >>

 

Elvira corse a cercare Berto e lo trovò in un angolo con le ali giunte che bisbigliava qualcosa che lei non capiva e incuriosita chiese

 

<< Che fai Berto! >>

 

<< Sto plegando pel Patlizia! >>

 

<< Tu pleghi? >>

 

<< Sì! Mi ha insegnato Patlizia! >>

 

<< Oh, Berto! Sei davvero unico! Il dottore vuole vederti e ti sta aspettando! >>

 

<< Vado subito da lui! >>

 

Raggiunse il dottore e questi spiegò a Berto che doveva tener d'occhio Patrizia e controllare che prendesse le nuove medicine da lui prescritte. Il papero disse

 

<< Stalò attento dottole! Falò in modo che Patlizia plenda le medicine senza fale caplicci! >>

 

<< Bravo Berto! So che posso contare su di te! >>

 

Passò qualche giorno e Patrizia sembrava migliorare. Berto era un vero infermiere. Si faceva dare le medicine da Elvira e poi le portava alla sua amica che il più delle volte faceva i capricci a prenderle.

 

<< È ora della medicina Patlizia! >>

 

<< No... Berto! Non voglio altre medicine! Ne prendo già tante! >>

 

<< Tu devi plendela se vuoi gualile! Non puoi stale semple a letto! Non hai voglia di uscile in gialdino a passeggiale con me? >>

 

<< Berto, Berto! Sono troppo stanca per alzarmi! Vorrei star bene, ma non ci riesco! Non ho più forze e sono stufa di prendere sempre medicine! >>

 

<< Dai... Patlizia! Non fale la bambina caplicciosa! Plendi la medicina! Su colaggio... plendila! >>

 

Dato che Berto insisteva a Patrizia non rimaneva che assecondare le sue richieste per farlo contento e il papero diceva

 

<< Devo proprio prenderle le medicine! Altrimenti non mi lasci tranquilla! >>

 

Controvoglia prese le medicine e finalmente Berto era contento!

 

<< Blava! Vedi che non è difficile plendele! >>

 

<< Berto! Sei un infermiere eccellente! >>

 

<< Patlizia con te bisogna essele un po' felmi e decisi altlimenti le medicine che ti ha dato il dottole non le plendi! Io faccio così pelché voglio che tu gualisca plesto! >>

 

 

 

<< Lo so Berto e ti ammiro per questo! Ti voglio bene! >>

 

<< Anch'io voglio tanto bene a te! Ma ora liposati che hai bisogno di stal tlanquilla! >>

 

<< Va bene! A dopo Berto! >>

 

Il papero lasciò la stanza e Patrizia si coricò sotto le coperte. Ormai erano diversi giorni che non lasciava il letto a causa del suo malore. C'erano giorni, comunque, che sembrava dovesse riprendersi e altri invece che non aveva la forza nemmeno di parlare. Gli anni e la sua malattia l'avevano resa fragile. Una sera si addormentò e Berto le faceva compagnia, ma la mattina non si svegliò più. Se n'era andata per sempre. Quando Berto provò a svegliarla

Patrizia non si mosse. Velocemente, corse a chiamare Elvira e a lei toccò il compito di dire a Berto che Patrizia se n'era andata per sempre. Berto soffrì tanto. Non voleva mangiare, non lasciava mai Patrizia e stava a vegliarla giorno e notte. Forse in cuor suo sperava che l'amica si svegliasse, ma non fu così! Non era un brutto sogno, ma era realtà e così arrivò il giorno del funerale ed a Berto, in via eccezionale, fu permesso di essere presente in chiesa. Anche il Parroco sapeva dell'amicizia fra Patrizia e il papero e non se la senti di impedire a Berto di essere presente. Fu molto toccante vederlo impietrito accanto alla bara dell'amica. Molti presenti si commossero per questa dimostrazione di affetto. Da quel giorno Berto non fu più lo stesso. Tutti i giorni andava al cimitero a trovare l'amica e vi rimaneva ore. Mangiava poco e niente. Elvira era preoccupata per la sua salute. Lo fece anche visitare da un veterinario ma nonostante le cure Berto non migliorava. A lui mancava molto Patrizia e un giorno pure lui se ne andò. Lo trovò Elvira che non vedendolo rincasare alla solita ora andò a cercarlo al cimitero e lo trovò addormentato per sempre sulla tomba dell'amata amica.

 

 

© Copyright Patrizia Andrich

 

 

 

Il '' Signore delle Acque ''.

 

Molto tempo fa, fra le vallate dei Monti

del Sole viveva un uomo dall'aspetto

molto rude. Egli si chiamava Artur, ma gli

abitanti dei villaggi sotto i Monti del Sole,

lo chiamavano il '' Signore delle Acque ";

della sua esistenza lo avevano appreso

dai loro avi. Nessuno lo aveva mai visto in

volto; neanche le persone che salivano su

quei monti per lunghe passeggiate. Artur,

invece, ben celato nel suo nascondiglio

segreto conosceva tutti e di loro sapeva

ogni cosa. Egli aveva una sfera magica e

attraverso quella vedeva e udiva i discorsi

della gente. Un giorno, stanco della vita

solitaria che conduceva, decise che era

tempo di scendere a valle e di prendere

in moglie una giovane ragazza. Notò

con piacere, che, per merito suo, le valli

sottostanti al suo rifugio erano veramente

ricche di vegetazione e molto fertili. Le terre

coltivate dai contadini rendevano molto bene.

Questo era merito delle acque di cui Artur

ne era il proprietario che regalava a tutti. Era

molto soddisfatto del suo operato! Tutto questo,

quasi, lo distrasse dal suo pensiero e dal

motivo per cui egli era sceso a valle. Comunque,

ritornò subito in quando arrivò nei pressi

dell'abitazione di un povero contadino: il

signor Romano. Artur lo aveva tenuto spesso

sotto controllo con la sua sfera magica e sapeva

bene che egli aveva una giovane e bella figliola.

In quei giorni la ragazza avrebbe compiuto

sedici anni. Troppo giovane per prendere marito!

Il '' Signore delle Acque '' la spiò più volte

attraverso la sfera e si invaghì di lei. Trovò il

contadino intento a lavorare nell'orto e gli si

avvicinò - Buongiorno, buon uomo! - lo salutò

Artur. - Buongiorno a lei! In cosa posso servirla? -

chiese Romano al forestiero. - Sa... passavo

di qui ed ho visto il suo orto bello e rigoglioso.

Deve essere molto orgoglioso del suo lavoro! -

- E sì! Lo sono eccome! Ma il merito va alle

acque che scendono dai Monti del Sole! -

- Capisco! Siete fortunato a vivere in questa

zona!- - Sì! Qui si vive bene! Non

andrei mai via da questa terra! Lei invece

è forestiero perché non l'ho mai vista prima! -

- In un certo senso sì! - Il '' Signore delle

Acque '' rimase nel vago e fu in quel momento

che irruppe nella scena Maria, la bella e

giovane figlia del contadino. Maria salutò

cordialmente - Buongiorno a voi! - - Ciao

figliola! Hai dormito bene? - - padre! E voi? -

- Sì! Anch'io! - - Vedo che hai ospiti! Ti lascio e

vado a sbrigare i miei lavori! - Maria di

dileguò salutando anche il forestiero. Il

''signore '' delle acque l'osservò mentre

ella si allontanava. Rimasto solo con

Romano, Artur si complimentò - Avete

una figlia bella e giovane! - - Grazie per

questo complimento! Maria oltre ad essere

bella è anche brava! - - Siete fortunato!

Io la vorrei prendere in moglie. - Sbigottito

il contadino rispose - In moglie? È... è troppo

giovane! Lasci che giunga alla maggior età

e poi sarà mia figlia a decidere! - - Voi dite? -

- Sì! - Artur si stava innervosendo a causa

di questa negazione e disse - Non mettetevi

contro di me! Non vi conviene! Vostra figlia

diventerà mia sposa! - - Voi non potete far

questo! - - Posso... eccome se posso! Torno

domani e voglio una vostra risposta! - Il signore

delle acque se ne andò imprecando contro

il contadino e ad ogni imprecazione tuonava

e lampeggiava. Solo in quel momento Romano

capì che quell'uomo altro non era che il '' Signore

delle Acque '' e a quel punto non riuscì replicare

perché il tono di voce di Artur non ammetteva

repliche. Artur era tornato ai suoi monti e il

contadino finì il suo lavoro nell'orto con un

peso opprimente nel cuore. Quello stesso

giorno raccontò tutto alla figlia e lei scoppiata

in lacrime disse - No, papà! Io non desidero

sposare quell'uomo! Mi fa ribrezzo! -

- Nemmeno io lo voglio! Domani quando

torna gli dirò di no e sarà la mia risposta

definitiva! - - Ti voglio bene papà! -

- Anch'io! - Si abbracciarono in un

tenero abbraccio e la giornata scivolò

via più serena. L'indomani il '' Signore

delle Acque '' tornò dal contadino e lo

trovò nel cortile intento a dar da mangiare

alle galline. - Buongiorno! Vedo che già

lavora! - - Sì! Anche perché non ho molto

tempo ed ho tante cose a cui pensare! Io

so chi è lei e ancor

prima che me lo chieda le dico no! Non

le do mia figlia in sposa! E adesso, mi scusi,

ma ho molto da fare! - disse Romano e Artur

seccato esplose con rabbia - Se questa è

la sua ultima risposta... Guardi bene i suoi

campi e il suo orto, perché non li vedrà mai

più belli e rigogliosi! - Non mi fanno paure

le sue minacce! - replicò il contadino e Artur,

come fece il giorno prima, si allontanò

imprecando. Il cielo si era oscurato ed

era carico di nuvole di pioggia. Tuonava

e lampeggiava come non mai ed iniziò a

piovere con grande violenza. Il livello dei

torrenti crebbe a dismisura allagando tutto

in breve tempo distruggendo tutto il lavoro

dei contadini. La gente dei villaggi inveì

contro il '' Signore delle Acque '', perché

sapevano già che tutto questo era opera

sua. Romano li aveva già avvisati. Tutti

i paesani erano concordi con lui per la

decisione presa nei riguardi di Maria. Volevano

un gran bene a quella ragazza e non

accettavano l'idea di vederla in moglie al

'' Signore delle acque ''. Maria, dal canto

suo si disperava per quanto stava accadendo.

Sapeva di essere la causa di tutto. Artur era

l'unico che godeva nel vedere tale disastro.

Nascosto nel suo rifugio seguiva tutto e non

aveva alcuna intenzione di placare la sua

ira e così il brutto tempo durò giorni e

quando si stancò della pioggia fece uscire il

sole e il suo calore provocò una grande siccità.

Era davvero la fine per tutti gli abitanti dei

villaggi ai piedi dei Monti del Sole. Tutto stava

morendo. Maria era sempre più avvilita e una

notte di luna piena decise di darsi in sposa al

'' Signore delle Acque ''. Con grande dolore nel

cuore scrisse un biglietto al padre nel quale lo

mise al corrente delle sue intenzioni e lasciò lo

scritto sopra il tavolo della cucina. Le parole

contenute in quel biglietto erano commoventi e

piene d'amore. Maria se ne andò senza portar

nulla con se. La luna illuminava i sentieri.

Ella avanzò verso la cima dei Monti del Sole.

Giunta in prossimità della vetta si fermò ed

urlò ad alta voce - Venite fuori '' Signore

delle Acque ''! Eccomi sono qui! Fatevi

vedere! '' - Silenzio non ci fu alcuna risposta

gridò più volte, ma nulla. Maria aveva il cuore

che batteva a mille per l'agitazione. Salì

ancora più in alto e si

trovò in cima ad uno spuntone di roccia.

Quel punto era pericoloso ma lei non ebbe

paura anche se sotto di lei c'era il vuoto.

Richiamò il '' Signore delle Acque '' e finalmente

egli si presentò innanzi a lei e disse

- Finalmente ti sei decisa! Ora sarai mia per sempre! -

- Meglio la morte piuttosto che esser tua! - Maria

pronunziò decisa questa frase. Fece qualche

passo indietro e si lasciò cadere nel vuoto. Artur

era molto teso per il gesto della giovane e cercò di

usare i suoi poteri per riportarla in vita, ma non

ci riuscì. Fu allora che infuriato si ritirò nel suo

rifugio e a quel punto, per quanto era accaduto,

la natura si ribellò e rivendicò la morte di Maria.

Nella profondità della grotta un fiume d'acqua

iniziò a salire. In fondo alla valle gli abitanti

dei luoghi sottostanti sentirono un brontolio

continuo. Il '' Signore delle Acque ",

arrabbiato com'era, non lo avvertì nemmeno

e quando l'acqua uscì dalla grotta lo travolse

in pieno e lo portò via, con sé. Fu la fine di

un incubo per gli abitanti alle pendici dei

Monti del Sole. L'acqua scese a valle

e saltando dallo sperone regalava alla

vista dell'uomo una bellissima cascata. La

valle sottostante tornò così ad essere

ricca e rigogliosa. Il sacrificio di Maria

aveva dato nuova vitalità alla sua terra

che tanto amava e del '' Signore delle

Acque " non rimase che un vago ricordo e nulla più.

 

 

Copyright Patrizia Andrich

L'UNICORNO

 

Era da tempo che sulla terra non si sentiva più

parlare dell'Unicorno, ma l'Unicorno esisteva.

Eccome se esisteva! Viveva nel Regno delle Fate.

L’animale apparteneva a fata Gelsomina, era un

bellissimo cavallo bianco con un lungo corno sulla fronte.

Troppo spesso I bambini avevano veduto questi

bellissimi animali unicamente a mo di disegno solo

nei loro libri di favole o nelle fiere paesane dove

c'era chi vendeva miniature di essi come porta fortuna.

Si vociferava in giro che l'Unicorno fosse il cavallo

magico delle fate ma senza saperlo, si diceva proprio

la verità. Comunque, nessuno ne aveva mai visto

uno in carne e ossa anche se, spesso si narrava che

girovagasse per la foresta.

In quei giorni, cominciò a circolare la notizia che

una bambina di nome Ina, lo avesse incontrato nella

foresta. Ina asseriva che aveva ritrovato la strada di

casa, solo per merito dell'Unicorno.

Naturalmente i grandi non le cedettero e cercarono

di distrarla da questa storia, ma lei non voleva

demordere, lei lo aveva veramente visto e aveva

persino parlato con lui

Ben presto questa notizia arrivò alle orecchie di

Yari; questi era un anziano del luogo molto saggio

a detta di chi lo conosceva. Da piccolo aveva avuto

la fortuna di incontrare l’Unicorno, anche lui si

era perso nella foresta e il cavallo l’ho aveva

aiutato a ritrovare la strada di ritorno. Credeva perciò

nel racconto di Ina e volle andare a farle visita. Prese

con se uno zaino fornito di ogni necessità e si avvio.

Ina non abitava molto lontano da lui e in poco tempo

la raggiunse, bussò alla porta della sua casetta e

fu proprio Ina ad aprire

<<Ciao! Tu devi essere Ina vero?>>

La piccola annuì, ma non disse una parola e il

vecchio aggiunse

<<Sei tu che hai visto l'Unicorno?>>

Ina annuì nuovamente, Yari aggiunse

<<Io mi chiamo Yari! Non aver paura di me!

Non voglio farti del male! Io ti credo. Credo al

fatto che hai visto l'Unicorno perché da piccolo

l'ho veduto anch'io!>>

Ina rimase sorpresa; non si aspettava di sentire

quelle parole da quell’anziano signore. Nessuno

le credeva,lui sì! Finalmente si sciolse e parlò

<<Anche tu hai visto l'Unicorno?>>

<<Certamente!>>

<utti affermano che io lo abbia solo sognato e

che quel che ho travisato altro non è, che la

statua del mio Unicorno che tengo a casa. Ma

io so che non è così!>>

<<Io ti credo! Ti credo perché l'ho visto e con

lui ci parlai... È davvero un cavallo dolcissimo!>>

Gli occhi di Ina si inondarono di lacrime di

gioia. Sapeva che il vecchio Yari non la prendeva

in giro. In paese lo conoscevano tutti e tutti ne avevano

una gran stima di Yari la vide commossa

<<Perché piangi?>>

Fra un singhiozzo e l'altro Ina rispose

<<Piango perché so che tu mi credi! Credi che

io lho visto e vi ho pure parlato, proprio come

successe a te!>>

<<Già! Io da piccolo quando andavo a raccontare

in giro di questo incontro mi dicevano che ero

matto e che avevo le visioni. A certe cose gli adulti

fanno fatica a credere. Io quell'incontro con l'Unicorno

lo ricordo ancora e il suo ricordo vivrà per sempre in

me. Quando sono solo e triste penso a lui e tu non ci

crederai, ma tutto passa...>>

fece una breve pausa e aggiunse

<<Quanto mi piacerebbe rivederlo ancora! Che

ne dici se andiamo nella foresta a cercarlo insieme

e magari lo convinciamo a farsi vedere a tutti e così

tutti ci crederanno?>>

<<Sarebbe bello! Ho anchio voglia anch'io di

rivederlo! Però devo chiedere il permesso ai miei

genitori per venire con te!>>

<<Giusto! Se vuoi parlo io con loro!>>

Ina annuì e così.

Yari parlò con i genitori della piccola. Non fu

facile convincerli perché loro non credevano

all'esistenza dell'Unicorno, ma alla fine pensarono

bene e lasciarono andare la loro bambina con

l’anziano signore, convinti che solo così la piccola

avrebbe capito che il suo era solo stato un sogno e

nulla più; sapevano anche che se la lasciavano

andare con Yari era in mani sicure.

Così con lo zaino in spalla Ina li salutò e

partì alla ricerca dell'Unicorno. La foresta non era

molto lontana dal paese, ma era molto grande e

i nascondigli non mancavano di certo, come non

mancavano i pericoli. Ina parlò del suo incontro

con l'Unicorno, di quanto fosse bello e dolce, di

come l'aveva aiutata a ritrovare la strada di casa.

In un certo senso, provava le stesse sensazioni che

aveva provato Yari a suo tempo.

Camminarono per molto tempo, ma ancora

nessuna traccia del passaggio dell'Unicorno.

Ina ad un certo punto avvertì la stanchezza e si

fermò. Yari fece qualche metro di più e solo

dopopoco si accorse dell'assenza della piccola

. A quel punto ritornò sui suoi passi e trovò

Ina imbronciata seduta sopra una roccia. Quando

vide ritornare Yari fece finta di nulla. Lui

dolcemente le parlò

<<Che succede Ina?>>

< stanca e pensavo che tu volessi abbandonarmi>>

<<Che dici? Non mi sono accorto subito

che ti eri fermata, ma appena non ti ho visto

più sono tornato indietro a cercarti!>>

<<Per oggi ci fermiamo qui! Noi non abbiamo

fretta e sicuramente nemmeno il nostro amico

Unicorno ha fretta di farsi vedere! Già! Chissà se

però avrà voglia di farsi vedere! Io sono convinto

di sì! Secondo me l'Unicorno sa che stai

passando un momento infelice e che tutti non

credono alla tua buona fede. È un animale sensibile!>>

Ina sorrise. Chiuse gli occhi e sognò l'incontro

con il magico cavallo e poi chiese

<<Tu pensi che gli Unicorni siano i cavalli

delle fate?>>

<<Ma! Può essere! Però non te lo so dire con

certezza! Lo chiederemo a lui quando lo incontreremo>>

Gli occhi di Ina si illuminarono di gioia. Era bello

vederla felice! Yari sorrise

< pensi che sia l'Unicorno?>>

<<Non saprei! Può essere ovunque e potrebbe essere

anche vicino a noi anche se non lo vediamo>>

< che si farà vedere?>>

<<Perché non dovrebbe? Noi gli volgiamo bene!

Bisogna solo aver pazienza e cercare bene anche se

la foresta è grande. Sono convinto che comunque

vada lo troveremo oppure... sarà lui a trovare noi.

Ora riposati, c'è ancora molta strada da percorrere...>>

Rimasero in quel luogo tutta la notte e all'alba con

i primi barlumi del sole che filtrarono nella foresta si

svegliarono; fecero una colazione velocemente e poi

ripresero il cammino alla ricerca dell'Unicorno.

La luce del sole e l'umidità della notte regalarono ai

loro occhi qualcosa di veramente magico. Sembrava

di trovarsi in una foresta fatata e forse un po’ magica.

Era un luogo davvero incantato, mancava solo

l'Unicorno e poi tutto sarebbe stato perfetto.

Nel frattempo, l'Unicorno si trovava a casa di fata

Gelsomina e passava il suo tempo, come un qualunque

altro cavallo, e si divertiva correre nel suo gran recinto.

La fata lo osservava spesso dalla finestra della sua casa

e ne rimaneva sempre più incantata. Voleva un gran bene

al suo Unicorno e lo curava con tanto amore e

naturalmente l'Unicorno ripagava a sua volta Gelsomina;

il rapporto nato fra loro era davvero stupendo. Mentre

correva nel suo recinto

Nonostante ciò nell'Unicorno accrebbe un

desiderio di libertà, non vedeva l'ora il calare della

notte per tentare una scappatella; non disse nulla alla

sua padrona per paura che magari lei potesse poi preoccuparsi

Le ore del giorno trascorsero lentamente e per all’Unicorno

sembrava che la notte non giungesse mai.

Anche per Ina e Yari fu una giornata lunga, la ricerca

dell'Unicorno sembrava non aver fine. A Ina pareva

che ogni luogo della foresta fosse uguale al

precedente e spesso diceva

<<Ma qui siamo passati?>>

Yari conosceva bene quei luoghi. Apparentemente

sembravano tutti uguali, ma in effetti non era così,

era solo una suggestione. Quando finalmente la

luce del sole calò i due amici si fermarono e

accesero un piccolo falò per scaldarsi.

Ina pensava di continuo all'Unicorno e si

domandava se poi l'avrebbe mai più rivisto; ogni

tanto veniva assalita dal dubbio che quell'incontro

non fosse che un sogno.

ma Yari? Anche lui l'aveva visto e anche lui

aveva avuto la stessa esperienza e all'ora? No,

non poteva essere un sogno. L'Unicorno esisteva!

Prima o poi l'avrebbe rivisto, ora ne era

nuovamente convinta.

Anche nel Regno delle Fate scese il buio

e finalmente l'Unicorno poté fuggire. Presa

una bella rincorsa saltò il recinto e via, verso la

foresta felice come non mai. Dietro di se lasciava

un fascio di luce brillante. Correva come il vento,

anzi, più veloce del vento! Se ne andava di qua e di

là senza una meta precisa; gli bastava correre.

Era così felice che non si accorse di un pericolo imminente.

Infatti la sua pazza corsa nella foresta lo portò sul

bordo di un burrone e arrivato lì precipitò perché

non fece a tempo a fermarsi. Scivolò giù per qualche

metro e cadde su uno spuntone roccioso ancora in

piedi. Rimase molto scosso per l'accaduto e le sue

gambe cominciarono a tremare di paura. Non c'era modo

di risalire perché la roccia era troppo scivolosa e

rischiava di farsi male. Preoccupato per la sua

sorte e bisognoso d'aiuto lanciò un possente nitrito

che squarciò il silenzio della foresta. Ina si svegliò

di soprassalto con il cuore che batteva a mille.

Seduta rimase in ascolto e di nuovo sentì il nitrito

possente dell'Unicorno. A quel punto svegliò Yari scuotendolo.

<<Cosa c'è Ina? Hai paura di qualcosa?>>

< no, non ho paura! È... è che ho sentito un nitrire e

credo sia l'Unicorno; non deve essere molto lontano,

ma ho percepisco qualcosa... è in pericolo! Lo sento

nitrire! Ascolta?>>

<<Sì! Lo sento anch'io!>>

< andiamo da lui!Per favore!>>

< ascoltami... è notte fonda ed è pericoloso andare

in giro con il buio nella foresta! Se succede

qualcosa a noi non potremmo essere di nessun

aiuto al nostro amico Unicorno! Ti pare?>>

Ina annuì, sapeva che il vecchio aveva

ragione e Yari aggiunse

<<Tra poche ore sorge l'alba e alle prime

luci noi ci alziamo e andiamo a cercare l'Unicorno

e se è in pericolo lo salveremo, come ha fatto lui con noi!>>

Ina si distese ma non riuscì a dormire a differenza

del vecchio che appena appoggiato il capo si

riaddormentò. L'Unicorno continuava a nitrire.

Le prime luci dell'alba colsero Ina ancora sveglia

mentre Yari si destò dal sonno

<<Buongiorno! Sei già sveglia!>>

< Ho sentito tutta notte i nitriti e non sono

riuscita a dormire. Pensavo all'Unicorno...

forse lui è in pericolo!>>

< mangiamo e poi andiamo a vedere!>>

L'Unicorno nitrì ancora, entrambi lo sentirono

<<Vieni... andiamo a cercarlo!>>

Si misero in cammino cercando di seguire

la direzione da dove provenivano i nitriti.

Nel frattempo, nel Regno delle Fate, fata

Gelsomina si accorse dell'assenza dell'Unicorno.

Lo cercò ovunque, ma niente, non c'era traccia

di lui e così anche lei decise di addentrarsi nella

foresta alla ricerca del suo Unicorno.

Gelsomina riuscì a trovarlo e quando lo vide nel

burrone lanciò un grido di dolore che Ina e Yari

udirono distintamente. Yari guardò Ina

<<Questo grido non proviene da lontano!

Credo che siamo vicini!>>

Affrettarono il passo,ed ecco che sul loro

sentiero comparve fata Gelsomina In modo

molto concitato disse

<<Aiutatemi! Il mio adorato cavallo è finito

in un burrone! Aiutatemi a salvarlo! Vi prego!>>

Yari tranquillizzò Gelsomina

<<Aiuteremo noi il suo cavallo! Ho con me una

lunga corda e vedrete che lo faremo risalire!>>

< Grazie, ma fate presto per favore!>>

< Fateci strada!>>

Seguirono la fata correndo veloci e lei

li condusse sul luogo dell'incidente

Dov'è il suo cavallo?

chiese Yari e Gelsomina indicò il burrone

dove era caduto il suo Unicorno. Yari si sporse e lo vide

<<Ma è l'Unicorno!>>

I suoi occhi si velarono di lacrime per l'emozione di rivederlo

<<Ina! Vieni a vedere!>>

Ina si sporse nuovamente e vide l'Unicorno.

Il suo cuore batteva forte e disse

<<Aiutiamolo! Ti prego!>>

< Lo tiriamo fuori da quel pasticcio!>>

Così dicendo prese la corda che aveva portato

con se. Legò un capo della corda ad un albero

vicino e si assicurò che il nodo fosse ben saldo.

Lentamente si calò verso il burrone. L'Unicorno

si sentì più sollevato nel vedere che qualcuno

veniva ad aiutarlo. Yari lo raggiunse e si assicurò

sul suo stato di salute

<<Come stai?>>

l'Unicorno rispose

<<Ciao Yari! Felice di rivederti! Ti vedo in

forma nonostante sia passato tanto tempo dal

nostro primo incontro! Io sto bene ma non so come

fare ad uscire da qui!>>

< ricordi ancora di me?>>

< non dimentico mai! Ricordo tutti con affetto! Ho

visto che c'è anche Ina con te!>>

< Lei ti voleva rivedere e anch'io! Ora però vediamo

di uscire da qui! Fata Gelsomina è tanto in pensiero per te!>>

Legò per bene l'Unicorno alla fune e chiamò Ina

<<Ina! Ina! Tirate la fune, ma piano, piano!>>

<  Sì! Yari!>>

Ina e Gelsomina tirarono la fune e pian piano

l'Unicorno iniziò a salire e finalmente venne

riportato in salvo. Gelsomina e Ina lo

slegarono e lanciarono la fune al vecchio

Yari che da esperto scalatore iniziò la salita e

finalmente tutti e quattro si ritrovarono al sicuro.

Ina accarezzava l'Unicorno con molta dolcezza

e i suoi occhi erano velati di lacrime. L'Unicorno se ne accorse

<<Perché piangi?>>

si sentiva quasi in imbarazzo nel dire le sue motivazioni

e lo fece a bassa voce

<<Piango, perché ti ho rivisto e so che non sei un

sogno! Tu esisti e sei qui con me, ma al paese nessuno,

loro pensano che ti abbia sognato e invece... invece tu sei qui!>>

<<Povera Ina! A volte gli adulti faticano a credere in certe cose!>>

<<, lo so! I grandi non credono, mai ai bambini!

Vorrei tanto che tutti fossero qui a vederti! Almeno

così non mi deriderebbero più e che non racconto bugie!>>

L'Unicorno l'ascoltava con attenzione. Gli dispiaceva

sentire che Ina non veniva creduta e nello stesso tempo

veniva derisa. Guardò fata Gelsomina quasi a voler

chiedere il suo consenso e la fata comprese tanto

che annuì. L'Unicorno allora si sentì libero

<<Voglio aiutarti! Non voglio che per causa

mia ti prendano in giro! Cosa posso fare per te?>>

<< Vorrei tanto che tu venissi al paese con me cosicché

tutti possano vederti...>>

<<E sia! Verrò con te Ina e per te Yari cosa posso

fare? Ti devo la vita!

<< avevo un solo desiderio, rivederti ed il mio desiderio

è stato esaudito e sono felice!>>

<<Immagino che quando eri piccolo sia toccata anche

a te la stessa sorte di Ina!>>

<<Sì! Direi di sì, ma ormai è acqua passata!>>

<< Non è mai acqua passata! Io verrò con voi al paese e

solo quando tutti mi vedranno sarà acqua passata!

Non sopporto di vedere Ina che soffre perché non

viene creduta. Non sopporto che le persone non credano

nella mia esistenza! Io sono qui e voi mi vedete e oggi

farò in modo che anche gli altri mi vedano...>>

Ina si strinse al collo dell'Unicorno

<<Grazie! Grazie davvero! Ti voglio bene!

Posso chiederti una cosa?>>

<< Ma tu... tu ce l'hai un nome?>>

<< Sicuro! Mi chiamo Saturno! Finalmente so come

ti chiami! Saturno... sei davvero un bellissimo Unicorno!>>

Ci fu un momento di esitazione e quasi di imbarazzo

e poi finalmente Saturno disse

<< Vogliamo andare? >>

Yari e Ina annuirono

<< Salite tutti in groppa!>>

Solo in quel momento intervenne fata Gelsomina

<<Grazie! Amici per aver salvato il mio Unicorno!>>

E rivolta a Saturno

<< E  tu... mi raccomando... non tornare troppo tardi!

Non correre e stai attento ai pericoli!>>

<<Tranquilla! Non farò tardi!>>

Detto ciò l’Unicorno si mise al galoppo,

velocemente attraversò la foresta e una volta fuori

arrivarono il paese di Ina e Yari.Raggiunto, attraversò

tutte le vie del paese per farsi ammirare da tutti

e la gente incredula lo guardava con ammirazione

parlottando fra loro

<< Ma è un unicorno! Yari e Ina  avevano ragione

sulla sua esistenza >>

Dopo aver attraversato tutto il paese Saturno

salutò i suoi due amici. Ina gli buttò le braccia al collo e disse

<<Grazie, Saturno! Spero di rivederti ancora!>>

<<Non  so! Ma nella vita non si può mai sapere tutto!

Buona fortuna a te Ina e anche a te Yari! Grazie...>>

 L'Unicorno riprese la strada della foresta e ritornò da

fata Gelsomina. Fu l'ultima volta che Ina e Yari lo

videro, ma da quel giorno tutti non dubitarono più

sulla sua esistenza e sui racconti dei nostri amici.

 

 

© Copyright Patrizia Andrich